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Il pioglitazone riduce l’utilizzazione di glucosio indotta dal freddo nel grasso bruno, nonostante l’induzione di browning in adipociti umani in coltura

SIO Journal Club - Articolo

Contributo di IOZZO

Il pioglitazone riduce l’utilizzazione di glucosio indotta dal freddo nel grasso bruno, nonostante l’induzione di browning in adipociti umani in coltura

Diabetologia. 2018 Jan;61(1):220-230

Pioglitazone reduces cold-induced brown fat glucose uptake despite induction of browning in cultured human adipocytes: a randomised, controlled trial in humans.

Loh RKC, Formosa MF, Eikelis N, Bertovic DA, Anderson MJ, Barwood SA, Nanayakkara S, Cohen ND, La Gerche A, Reutens AT, Yap KS, Barber TW, Lambert GW, Cherk MH, Duffy SJ, Kingwell BA, Carey AL.

ClinicalTrials.gov NCT02236962

Il pioglitazone riduce l’utilizzazione di glucosio indotta dal freddo nel grasso bruno, nonostante l’induzione di browning in adipociti umani in coltura: studio randomizzato e controllato nell’uomo.

OBIETTIVI / IPOTESI: L’aumento dell’attività del tessuto adiposo bruno (BAT) è una possibile strategia terapeutica per incrementare il dispendio energetico e la clearance del glucosio e dei lipidi e migliorare l’obesità e le comorbidità associate. I farmaci ipoglicemizzanti della classe dei tiazolidinedioni (TZD) aumentano il browinng del BAT in modelli sperimentali preclinici, ma non è noto se queste azioni si estendano all’uomo in vivo. Lo scopo di questo studio è stato quello di determinare l’effetto del trattamento con pioglitazone sul browning degli adipociti e sulla termogenesi adattativa nell’uomo.

METODI: Per prima cosa abbiamo esaminato se il trattamento con pioglitazone inducesse browning in colture primarie di adipociti umani subacromioclavicolari. Successivamente, in uno studio in parallelo, controllato con placebo, condotto in cieco all’interno dei laboratori di ricerca clinica del Baker Institute, 14 partecipanti magri di sesso maschile che non presentavano malattie cardiometaboliche sono stati randomizzati a ricevere placebo (lattosio, n = 7, età 22 ± 1 anni ) o pioglitazone (45 mg / die, n = 7, età 21 ± 1 anni) per 28 giorni. I partecipanti sono stati assegnati ai trattamenti da staff indipendente dell’Alfred Hospital, tramite generazione elettronica di una sequenza casuale di numeri. I ricercatori che hanno condotto lo studio e analizzato i dati non erano a conoscenza dell’assegnazione ai rami di trattamento. L’end-point primario è stato rappresentato dalla variazione dell’attività del BAT durante esposizione al freddo, valutata prima e dopo l’intervento in termini di utilizzazione di [18F]-fluorodesossiglucosio misurata con tomografia ad emissione di positroni / tomografia computerizzata nel tessuto adiposo del torace superiore e del collo. Sono stati misurati il dispendio energetico, le risposte cardiovascolari, la temperatura interna, metaboliti e ormoni circolanti in risposta ad esposizione acuta al freddo, insieme alla composizione corporea, prima e dopo l’intervento.

RISULTATI: Il pioglitazone ha aumentato significativamente il browning in vitro e l’adipogenesi degli adipociti. Nello studio clinico, il valore massimo di utilizzazione standardizzato del BAT indotto da freddo risultava significativamente ridotto dopo pioglitazone rispetto al placebo (-57 ± 6% vs -12 ± 18%, p <0,05). L’utilizzazione totale di glucosio nel BAT seguiva un andamento simile non raggiungendo la significatività (-50 ± 10% vs -6 ± 24%, p = 0,097). Il pioglitazone aumentava la massa corporea totale e magra rispetto al placebo (p <0,05). Non sono state rilevate altre differenze tra i gruppi.

CONCLUSIONI / INTERPRETAZIONE: La disparità nelle azioni del pioglitazone sul BAT tra i modelli sperimentali preclinici e il nostro studio in vivo umano evidenzia la necessità di condurre studi di proof-of-concept nell’uomo il prima possibile nel corso di programmi di ricerca sul BAT finalizzati a sviluppo terapeutico. I risultati del nostro studio clinico suggeriscono che una ridotta attività del BAT può contribuire all’aumento di peso associato a pioglitazone e altri TZD


Commento

Lo studio esamina la risposta del grasso bruno ad un farmaco che migliora l’assetto metabolico dell’organismo, pur aumentandone la massa grassa. Il protocollo di imaging utilizzato ha consentito misure semi-quantitative di metabolismo del BAT, che andrebbero corroborate con misure dinamiche e quantitative, anche vista la limitata significatività statistica dei risultati. Il valore di questo lavoro è quello di far emergere diversi dubbi intorno a concetti che sembrano scontati, elemento che trapela anche dall’interpretazione non univoca degli autori. Per esempio la riduzione del metabolismo del BAT in vivo viene considerata sfavorevole dagli autori ed in generale, ma lo studio non presenta dati in tal senso, essendo il profilo metabolico invariato. Forse la riduzione del metabolismo del glucosio in risposta al freddo nel BAT non viene sempre per nuocere. Inoltre la comparazione fra dato in vivo ed in vitro rimane di difficile lettura perché metabolismo e browning non sono necessariamente misure comparabili ed il dato di adipogenesi in vitro non è in contrasto con il dato metabolico in vivo. Il limite principale di questo lavoro in termini di ricaduta clinica è rappresentato dal coinvolgimento esclusivo di individui sani e magri, in cui gli effetti metabolici tipici dei glitazoni non sono manifesti. Rimane pertanto da verificare quale sia la risposta al farmaco nei pazienti con diabete di tipo 2, valutazione che potrebbe contribuire a dirimere i dati inattesi di questo lavoro.

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