Lo stigma sul peso ferisce in molti modi e non può essere un aiuto nella gestione dell’obesità. Risposta della SIO (Società Italiana dell’Obesità) all’articolo del Times “Fat shaming is only way to beat obesity crisis”.
Lo stigma e discriminazione sono l’unico modo per sconfiggere l’obesità?
Per Matthew Parris, in un articolo scritto per il Times il 28 Ottobre 2022 (https://www.thetimes.co.uk/article/fat-shaming-is-only-way-to-beat-obesity-crisis-h76pzqvpj), la risposta è sì.
Il giornalista disapprova che lo stigma sul peso sia considerato crudele paragonando l’obesità al fumo e, per quest’ultimo scrivendo che le morti dovute al tabacco sono diminuite grazie alla stigmatizzazione che è stata fatta.
Purtroppo, la narrazione dell’obesità non è nuova ad articoli che non tengono conto della complessità di questa malattia cronica, multifattoriale, progressiva e recidivante e la detronizzano a colpa e al risultato di scarsa forza di volontà.
La discriminazione basata sul peso non è uno stimolo a prendersi cura di sé, ma al contrario è una barriera per una gestione efficace dell’obesità.
Sono numerosi gli articoli scientifici che hanno evidenziato come lo stigma sul peso può penalizzare le persone nelle aree più importanti della loro vita e avere un impatto negativo sulla salute fisica e psicologica.
Parris oltre che al fumo, paragona l’obesità anche alla guida in stato di ebrezza che però sono situazioni non paragonabili ai problemi di gestione dell’alimentazione e peso.
Ciò che emerge da questo articolo è nuovamente l’idea che l’obesità sia sotto il controllo della persona e che le persone affette da obesità sono da colpevolizzare e che questo trattamento sia un incentivo alla cura.
L’obesità è una malattia e non una scelta data dalla pigrizia e scarsa forza di volontà delle persone, e la vergogna non può essere un’alleata, non lo è mai stata e non lo sarà mai.
Nella nostra pratica clinica la vergogna e l’autocritica spesso sono interiorizzate nei nostri pazienti e, a volte, sono così forti che non se ne vanno nemmeno con la perdita di peso, ma rimangono come cicatrici dolorose che accompagnano la persona nella sua quotidianità.
I media spesso narrano l’obesità in modo discriminatorio e semplicistico nascondendo quella complessità che invece la caratterizza e stimola noi professionisti della salute a indagare e capire.
La gestione dell’obesità non è semplice ma possibile e il rispetto verso la malattia e chi ne è affetto è uno dei primi passi importanti da fare; e i media possono dare un grande aiuto in questo.
Serve però seguire linee guida in cui i termini e le immagini siano libere dallo stigma e il pregiudizio (https://www.obesityaction.org/action-through-advocacy/weight-bias/media-guidelines-for-obesity/) e fonti affidabili e scientifiche.
Le parole sono finestre oppure muri è il titolo di un famoso libro di M.B.Rosemberg; il titolo dell’articolo di Perris è un muro, ma si può partire da quel muro per costruire finestre da cui guardare l’obesità in modo più scientifico e rispettoso e meno semplicistico e stigmatizzato.
La ricerca, lo studio e la scienza sono lenti focali che permettono di guardare meglio le cose e soprattutto vederle a 360 gradi.
Considerare l’obesità nella sua complessità e ridurre la sua semplificazione anche attraverso una corretta narrazione da parte dei media è dare dignità alla malattia e a chi ne è affetto e può essere un balsamo su quelle ferite che colpevolizzazioni e giudizi hanno creato e possono pesare indipendentemente da quello che indica una bilancia.
La Società Italiana dell’Obesità (SIO) dice no allo stigma sul peso e a una narrazione non scientifica e riduttiva dell’obesità.
Daniele Di Pauli