Lasciate che le persone con obesità muoiano prima: il peso dello stigma verso l’obesità che dobbiamo ridurre
Un messaggio terribile: Lasciate che le persone con obesità muoiano prima! Il peso dello stigma verso l’obesità che dobbiamo ridurre
Daniele Di Pauli, Luca Busetto.
Nonostante l’obesità sia stata riconosciuta come una malattia e siano diversi i contributi scientifici che hanno sottolineato i complessi, e diversi fattori, che contribuiscono a questa condizione cronica, essa è altamente stigmatizzata nella nostra società.
A causa di questo stigma le persone affette da sovrappeso e obesità possono subire penalizzazioni nei domini di vita più importanti della vita come lavoro, istruzione, relazioni interpersonali e assistenza sanitaria e avere ricadute negative sulla salute fisica e psicologica.
Gli atteggiamenti negativi che ruotano attorno a questa malattia cronica, e multifattoriale, hanno origine dall’idea che il peso sia quasi totalmente sotto il controllo della persona e quindi se sei in una condizione di obesità è solo per una responsabilità personale.
La malattia quindi diventa una colpa e, se sei colpevole della tua condizione, l’empatia e il rispetto spesso lasciano il posto a giudizi e accuse.
Un esempio recente di stigma vero l’obesità si può trovare in un articolo apparso su un settimanale inglese a firma del giornalista britannico Michael Buerk.
La SIO (Società Italiana Obesità) da sempre sensibile, e attenta, al tema dello stigma sociale nei confronti dell’obesità si dissocia dalle parole di Buerk e si impegna a denunciare questi episodi e sensibilizzare a un aspetto poco riconosciuto, ma molto invalidante, del vivere in una condizione di obesità.
La prima cosa che cattura l’attenzione scorrendo l’articolo dal titolo “Leave couch patatoes alone”, di Michael Buerk apparso recentemente sul settimanale inglese “Radio Times”, è la fotografia che ritrae un uomo in mutande e canottiera, sporco di cibo, con i calzini bucati, stravaccato su una poltrona reclinabile intento a bere birra, e mangiare un panino, tenendo sulle ginocchia un contenitore pieno di pop-corn.
Una immagine totalmente stigmatizzante che è la rappresentazione dello stigma e pregiudizio che colpiscono sia l’obesità sia chi ne è affetto.
Il peso è considerato un qualcosa che la persona può controllare e quindi se il tuo peso cresce è solo colpa tua e della tua scarsa forza di volontà. Non si può avere empatia e compassione per chi è causa del suo male e infatti Michael Buerk parla del problema “Obesità” con disprezzo sostenendo che chiamarla “malattia” è un errore, e che ciò non ridurrà lo stigma o incoraggerà le persone a cercare aiuto, poiché se sei in una condizione di obesità è solo perché mangi troppo.
Nelle parole del giornalista inglese le persone con obesità non sono malate, ma deboli. Il problema secondo Buerk è l’ingordigia, e non la genetica o i complessi fattori (biologici, psicologici, ambientali) coinvolti nella regolazione del peso corporeo e meccanismi di fame e sazietà. Perdere peso è facile. continua Burke, basta mangiare meno, facendo riferimento alla sua partecipazione al programma “I am a celebrity get me out of there”, un format tipo l’Isola dei Famosi, in cui in tre settimane ha perduto circa dieci chilogrammi. Ridurre il problema obesità a basta mangiare meno e muoversi di più è sbagliato, e sarebbe come dire a una persona malata di depressione di sorridere di più per risolvere il suo problema.
L’ultima stoccata del giornalista riguarda la spesa sanitaria e come risparmiare. Michael Burke non ha dubbi, visto che le persone muoiono prima questo è da considerare come un sacrificio altruista per ridurre sia la spesa sanitaria sia il sovrappopolamento. Come ha ribattuto Ted Kyle: “… che sia scritto per provocare, o per ignoranza, il pezzo di Buerk é sbagliato … cosa accadrebbe se si considerasse la morte, di chi è affetto da altre malattie croniche, come una riduzione della spesa sanitaria?”
(https://conscienhealth.org/2019/08/moving-beyond-weight-bias-into-vile-hate/).
L’articolo non sembra esporre una opinione, ma odio e disprezzo, sostenuti da pregiudizi che non tengono conto della ricerca scientifica, molto attiva nelle ultime decadi, verso questa problematica. Una delle condizioni più debilitanti del vivere in una condizione di obesità è proprio lo stigma ad essa associato che può influire negativamente sulla salute fisica, psicologica e sociale della persona che lo subisce. Le opinioni di Michael Buerk riflettono comuni pregiudizi che ruotano attorno al peso, specchio di una società che glorifica la magrezza e disprezza l’obesità. Se la prima è considerata come sinonimo di bellezza, controllo e successo la seconda è considerata come pigrizia, debolezza e scarsa cura di sé.
Ridurre lo stigma verso l’obesità è un passo fondamentale nella cura e prevenzione di questa condizione cronica. Dobbiamo combattere l’obesità e non le persone che ne sono affette. Come ha scritto Phebe James Boyd è lo stigma di Michael Buerk a essere debole e non le persone con obesità che lo subiscono.