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Il ruolo del microbiota dell’intestino tenue prossimale nel contesto delle malattie metaboliche

Contributo di Carla Lubrano

Il ruolo del microbiota dell’intestino tenue prossimale nel contesto delle malattie metaboliche

Graphical abstract

Introduzione: Il nostro corpo ospita un universo microscopico che abita il sistema digerente, svolgendo un ruolo essenziale nei processi di digestione, difesa immunitaria e regolazione metabolica. Studi recenti dimostrano come alterazioni in questa comunità microbica siano associatea disfunzioni metaboliche, contribuendo al problema dell’obesità. Di conseguenza, la ricerca e l’eventuale modifica di questa comunità, in particolare quella nel nostro intestino, sono emerse come strategie terapeutiche promettenti per le malattie legate al metabolismo. Tuttavia, la distribuzione e la composizione batterica lungo l’intestino variano notevolmente, con un aumento graduale della biomassa dalla bocca al colon,influenzato da diversi fattori fisico-chimici che differenziano l’intestino tenue dal crasso. Ad esempio, la presenza di ossigeno si riduce progressivamente lungo il tratto gastro intestinale, mentre il pH dell’intestino aumenta progressivamente da 6,6 nel tratto prossimale a 7,5 nell’ileo terminale e si stabilizza a 7,0 nel colon distale. Inoltre, l’aumento della portata luminale, l’assunzione intermittente del bolo alimentare,la diminuzione della peristalsi e il rilascio di acidi biliari nell’intestino tenue contribuiscono a ridurre la colonizzazione batterica che, pertanto, alivello dell’intestino prossimale è ridotta rispetto al colon.

L’intestino prossimale e – più precisamente il duodeno e il digiuno – rivestono un ruolo significativo nella segnalazione neuroendocrina, nell’assorbimento dei nutrienti e nella produzione di gastro-entero-ormoni, attivando diverse vie metaboliche che influenzano il dispendio energetico, la sazietà, l’assunzione di cibo e l’omeostasi del glucosio.

Considerato ciò, si ipotizza che il microbiota dell’intestino tenue possa essere cruciale nello sviluppo dell’obesità e delle malattie cardiometaboliche ad essa associate. Tuttavia, la maggior parte degli studi condotti sinora si è concentrata su campioni fecali, lasciando lacunenella comprensione della relazione tra il microbioma del piccolo intestino e le malattie metaboliche.

Obiettivo: Lo scopo di questo lavoro è presentare una panoramica completa delle attuali evidenze relative all’impatto del microbioma duodeno-digiunale su diversi fenotipi metabolici, tra cui l’obesità e il diabete tipo 2.

Materiali e Metodi:La letteratura scientifica è stata oggetto di una revisione sistematica, aggiornata al 10 settembre 2023. La ricerca è stata condotta utilizzando un set accuratamente selezionato di parole chiave. Gli studi inclusi rispettano i seguenti criteri: 1) trial condotti suuomo o roditori; 2) studi prospettici e retrospettivi, di coorte e trial clinici randomizzati; 3) lavori redatti in lingua inglese. Gli studi esclusirispondono ai seguenti criteri: 1) mancanza di analisi del microbioma dell’intestino tenue superiore; 2) coorti cliniche prive di almeno un gruppo dipartecipanti con disregolazioni metaboliche, tra cui sovrappeso, obesità, resistenza insulinica, iperglicemia o diabete di tipo 2. In questistudi, la composizione del microbiota intestinale è stata valutata in diversi modi, tra cui la ricchezza microbica, definita come la diversità deigruppi microbici identificati, indipendentemente dalla loro abbondanza; la ricchezza metagenomica, definita come il conteggio totale dei geniidentificati in un campione; la α-diversità, che rappresenta il numero di diverse specie e la loro abbondanza all’interno di un singolo campione; laβ-diversità, che descrive la variazione delle specie batteriche da un campione all’altro; e l’abbondanza relativa di diversi batteri a livello di phylum, classe, famiglia, genere o specie Risultati: In base ai criteri di elegibilità, 17 articoli sono risultati idonei per essere inclusi nellarevisione sistematica. Di questi 9 studi condotti su roditori e 8 studi sull’uomo.

Studi condotti sui topi hanno dimostrato che, a livello di phylum, il microbioma della mucosa duodenale comprende principalmente Firmicutes, Proteobacteria e Bacteroidetes. Inoltre, studi condotti su modelli murini C57BL/6 hanno dimostrato che la dieta ad alto contenuto di grassi influisce notevolmente sulla diversità e sulla composizione del microbioma del piccolo intestino determinando una riduzione della abbondanza relativa di famiglie di probiotici come Lactobacillaceae ed un aumento nella abbondanza di Clostridiaceae, Enterobacteriaceae, Enterococcaceae, Pseudomonadaceae, e Methylobacteriaceae. È importante notare che la diminuzione dell’abbondanza relativa di

 

Lactobacillus si associa ad un’alterazione del sensing del glucosio attraverso l’espressione di SGLT1, con conseguente alterazione dell’omeostasi complessiva del glucosio.

Alla modulazione del microbioma duodeno-digiunale possono tuttavia contribuire molteplici fattori aggiuntivi, tra cui farmaci, modulazionedella dieta o modifiche chirurgiche del tratto intestinale. La chirurgia metabolica infatti, cosi come la supplementazione in fibre – come l’inulina – possono contribuire all’aumento simultaneo dell’espressione di geni associati all’integrità cellulare dell’epitelio intestinale e all’attività antiossidante. Al contrario, la somministrazione di metformina promuove un aumento dell’abbondanza di Akkermansia, portando in ultimaanalisi a un miglioramento della composizione batterica con presunti effetti sul miglioramento del metabolismo dell’ospite.

Fino ad oggi, la ricerca sul microbioma intestinale in pazienti con disturbi metabolici è stata limitata. In uno dei primi studi, datato alla fine degli anni Settanta, Corrodi e colleghi, hanno coltivato campioni intestinali prelevati da pazienti con obesità sottoposti a bypass digiunale. Irisultati colturali hanno evidenziato sterilità o bassi conteggi batterici in alcuni campioni di digiuno, con differenze nella composizione battericatra ileo e digiuno e una maggiore similitudine tra il microbioma del digiuno e quello fecale. Approcci analitici più recenti, come ilsequenziamento del genoma batterico, hanno mostrato una minore diversità batterica duodeno-digiunale in individui affetti da obesità rispetto a soggetti normopeso. Tuttavia, le informazioni relative alla ricchezza metagenomica del microbioma del piccolo intestino nel contestodell’obesità umana sono ancora inconcludenti, con alcuni studi che riportano un aumento e altri una diminuzione. Queste disparità possono essereattribuite alle differenze nelle coorti di pazienti, ai metodi di raccolta dei campioni e alle variazioni nelle metodologie analitiche, compresa la scelta dei database per l’identificazione tassonomica tra gli studi. Ulteriori ricerche hanno evidenziato alterazioni tassonomiche nel microbiomaintestinale di pazienti con obesità, con un aumento dei Proteobacteria e una diminuzione dei Firmicutes, insieme a specifiche riduzioni dialcune specie batteriche anaerobiche. Uno studio successivo ha esplorato l’attività funzionale del microbioma duodenale, rivelando differenzenel metabolismo dei carboidrati tra i pazienti con obesità e i controlli magri. In un recente studio trasversale, Darra e colleghi hanno esaminato ilmicrobiota associato alla mucosa duodenale in individui con pre-diabete e soggetti normoglicemici. I loro risultati hanno rivelato un’associazionetra iperglicemia e microambiente duodenale. In particolare, rispetto ai soggetti normoglicemici, quelli con iperglicemia a digiuno mostravano una prevalenza significativamente più elevata di carica batterica duodenale.

Conclusione: Le differenze nei protocolli di campionamento e nelle metodologie analitiche tra gli studi attualmente disponibili limitano una visione completa e unificata della corretta classificazione tassonomica del microbioma del piccolo intestino. È fondamentale dunque condurreulteriori studi per comprendere meglio i meccanismi che collegano la composizione del microbioma intestinale con il muco intestinale, la struttura intestinale, il metabolismo dell’ospite e lo stato infiammatorio.

Commento: Gli studi che hanno esplorato la connessione tra il microbiota intestinale e le malattie metaboliche si sono prevalentemente concentrati sui campioni fecali o colonici, trascurando ancora la ricerca sul legame potenziale tra il microbioma duodeno-digiunale umano e l’obesità. Tuttavia, l ‘intestino tenue gioca un ruolo chiave nella digestione e nell’assorbimento dei nutrienti, oltre a essere coinvolto nellasecrezione di ormoni gastro-enterici e nella regolazione del metabolismo dei carboidrati. Questo lo rende un’interfaccia critica delle intricate interazioni tra l’organismo ospite, i microbi intestinali e fattori ambientali, come la dieta.

Comprendere le limitazioni nell’utilizzo delle feci come surrogato dell’intero tratto intestinale è fondamentale. Il campionamento fecale offreindubbi vantaggi in termini di accessibilità, minore invasività e facilità di estrazione del DNA grazie alla presenza di una maggiore carica batterica, ma il piccolo intestino è il punto chiave in cui convergono vari elementi come cibo, peptidi antimicrobici e secrezioni pancreatiche. Ilcampionamento diretto del piccolo intestino tramite endoscopia o interventi chirurgici potrebbe offrire dati più precisi, specialmente per il tratto digestivo superiore e le condizioni metaboliche.

Questa revisione sistematica suggerisce la comparsa di una “disbiosi” del microbioma del piccolo intestino nei topi con obesità indotta da una dieta ad alto contenuto di grassi. Tuttavia, è importante notare che nessuno dei nove studi inclusi in questa review ha implementato misure preventive per evitare la coprofagia nei topi. Di conseguenza, rimane una possibilità che la composizione della microflora intestinale duodenale possa essere stata influenzata dalla presenza di microbiota fecale.

Attualmente, gli studi condotti sul microbioma del piccolo intestino dell’uomo mostrano risultati eterogenei, rendendo complessa l’interpretazione e la generalizzazione dei risultati, una sfida comune anche negli studi sul microbiota fecale. Dunque, è urgente condurreulteriori ricerche per comprendere meglio come la composizione del microbioma del duodeno e del digiuno influenzi il metabolismo umano.Tuttavia, per confrontare adeguatamente il microbioma duodeno-digiunale con quello fecale, è essenziale raccogliere campioni dagli stessi individui lungo l’intera lunghezza dell’intestino tenue e crasso. Questo approccio assicura che i risultati siano direttamente confrontabili all’interno di ciascun paziente.

Steinbach, E., Masi, D., Ribeiro, A., Serradas, P., Le Roy, T., & Clément, K.
Upper small intestine microbiome in obesity and related metabolic disorders: A new field of investigation.
Metabolism. 2024 Jan:150:155712. doi: 10.1016/j.metabol.2023.155712.

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