Highly processed foods can be considered addictive substances based on established scientific criteria
Contributo di Bianciardi
Highly processed foods can be considered addictive substances based on established scientific criteria
Gli alimenti ultra-processati possono essere considerati sostanze che creano dipendenza sulla base di criteri scientifici stabiliti
Abstract
Introduzione: Sono in aumento le evidenze a favore di un fenotipo clinico di dipendenza dall’alimentazione. Il dibattito sul ruolo che gli alimenti cosiddetti “ultra-trasformati” (High Processed Food; cibi con carboidrati raffinati e/o grassi aggiunti) avrebbero nell’innescare la dipendenza è alimentato dalla mancanza di criteri scientifici solidi per valutare se un determinato cibo possa dare dipendenza.
Analisi: la discussione scientifica più recente sul potenziale di dipendenza di una sostanza è stata incentrata sul tabacco. Nel 1988, il Surgeon General ha pubblicato un rapporto in cui identificava i prodotti dell’industria del tabacco come agenti di dipendenza sulla base di tre criteri scientifici principali 1) la capacità di indurre un uso altamente controllato o compulsivo, (2) avere effetti psicoattivi (come alterare l’umore) attraverso l’azione sul cervello e (3) rafforzare il comportamento di assunzione. I progressi scientifici hanno poi identificato 4) il craving; la capacità del tabacco di indurre impulsi o bramosia per il consumo come ulteriore indicatore del potenziale di dipendenza.
In questo studio, proponiamo che questi quattro criteri forniscano parametri di riferimento scientificamente validi da utilizzare per classificare il potenziale di dipendenza dagli alimenti “altamente trasformati”. Abbiamo esaminato le prove relative al fatto che gli HPF possono soddisfare ciascuno dei quattro criteri. Infine, abbiamo considerato le implicazioni di etichettare i prodotti ultra-elaborati come agenti che creano dipendenza.
Conclusioni: gli alimenti ultra- trasformati (HPF) possono essere etichettati come sostanze che creano dipendenza utilizzando gli standard che sono stati utilizzati per i prodotti del tabacco. Il potenziale di dipendenza degli HPF può essere un fattore chiave che contribuisce agli elevati costi per la salute pubblica associati a un’ambiente alimentare dominato da HPF economici, accessibili e largamente commercializzati.
Commento:
La prevalenza dell’obesità è raddoppiata dagli anni ’80. Diversi studi dimostrano in modo convincente che il la sequenza temporale dell’aumento dei tassi di obesità rispecchi l’aumento della disponibilità dei cibi ultra- trasformati ricchi di calorie e poveri di nutrienti (HPF) nell’ambiente, imputando gli HPF tra i fattori causali principali della pandemia di obesità. Il termine “HPF” deriva dal sistema di classificazione del cibo NOVA, che è il più importante approccio utilizzato nella letteratura scientifica per classificare gli alimenti in base al loro livello di lavorazione. La lavorazione industriale degli alimenti utilizza tecniche che possono essere utili (ad esempio, inscatolare le verdure per aumentare la durata di conservazione) o dannose (ad esempio, la creazione di ingredienti economici e poveri di nutrienti) per la salute pubblica. Pertanto, il sistema NOVA è stato creato per differenziare le forme di lavorazione degli alimenti e sottolineare la natura problematica degli HPF. Il sistema NOVA classifica gli HPF come alimenti del gruppo 4, con il massimo grado di elaborazione e di lontananza dagli alimenti presenti in natura. Gli HPF hanno pochi, se non nessuno, ingrediente alimentare non lavorato. Gli HPF sono stati creati a livello industriale per massimizzare l’appetibilità (e quindi la redditività) combinando artificialmente quantità elevate di ingredienti gratificanti come oli idrogenati, carboidrati raffinati (ad es. farina bianca, zuccheri aggiunti), sodio e altri additivi (ad es. esaltatori di sapidità). Le categorie di HPF includono spuntino confezionati (ad esempio, patatine, biscotti), caramelle, semifreddi, confezionati pane/pasta di farina bianca, cereali/barrette per la colazione zuccherate, fast food (ad es. pizza, patatine fritte) e bevande con zuccheri aggiunti (es. soda, tè zuccherato, bevande sportive). Le versioni “fatte in casa” di alcuni di questi alimenti sono state apprezzate per generazioni (ad es. biscotti, pane), al contrario, l’aumento della disponibilità di HPF preparati grazie alla moderna tecnologia alimentare rappresenta il massimo rischio per la salute pubblica, poiché sono facilmente accessibili, economici, fortemente commercializzati e dominano l’offerta alimentare. In particolare, gli HPF possono innescare la dipendenza “biologica” e le risposte comportamentali, spingendo così ad assumere il cibo in modo eccessivo e contribuiscono all’obesità, ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione come il binge eating disorder. Ci sono prove a favore di un fenotipo alimentare che riflette i segni distintivi della dipendenza (ad es. perdita di controllo sull’assunzione, intense bramosie, incapacità di ridurre il consumo e uso continuativo nonostante le conseguenze negative). Le metanalisi hanno riportato che il 14% degli adulti e il 12% dei bambini mostra comunemente questo fenotipo che crea dipendenza chiamato dipendenza da cibo (food addiction). Anche se alcuni autori hanno messo in discussione l’utilità di applicare un quadro di dipendenza all’assunzione di cibo, la dipendenza da cibo è associata a meccanismi implicati in altri disturbi da dipendenza (ad esempio l’impulsività, la disfunzione del circuito della ricompensa e la disregolazione emotiva), così come ad una ridotta qualità della vita e a una risposta più scarsa ai trattamenti dieto-terapici. Esiste un dibattito sul ruolo del cibo nell’innescare questo fenotipo alimentare simile alla dipendenza. È stato proposto che il “mangiare”, indipendentemente dal tipo di cibo consumato, possa scatenare dipendenza, ma il cibo è indispensabile alla sopravvivenza e quindi distinto dalle sostanze di abuso. Il dibattito riguarda il capire se la trasformazione industriale degli alimenti possa produrre effetti comparabili a quelli causati dalle sostanze di abuso.
In questo articolo, per supportare l’ipotesi che i cibi HPF diano dipendenza, gli autori hanno paragonato i criteri che sono stati applicati all’industria del tabacco alle proprietà degli HPF.
Il primo criterio analizzato è la capacità della sostanza di innescare un uso compulsivo, definito come “comportamento di assunzione e di ricerca della sostanza, guidato da impulsi forti, spesso irresistibili”. Il semplice consumo del tabacco non è sufficiente per identificare l’uso compulsivo, poiché solo un sottogruppo (un terzo) di fumatori di tabacco sviluppa dipendenza. La gravità dell’uso compulsivo è evidente quando la persona continua ad usare la sostanza nonostante, ad esempio, soffra di malattie correlate al fumo, come tumore o malattie cardiovascolari. Gli HPF sono quindi in grado di indurre un uso compulsivo anche di fronte a significativi rischi per la salute legati alla dieta: diabete e malattie cardiovascolari. Molti pazienti non seguono le diete che richiedono una riduzione di HPF perchè un ostacolo frequente sarebbe il desiderio di HPF. Un caso estremo è il fallimento della chirurgia bariatrica. Circa il 20-50% delle persone che si sottopone a questo intervento riguadagna una notevole quantità di peso e il consumo eccessivo di HPF è una delle cause principali. Il consumo di HPF dopo la chirurgia persiste nonostante il paziente sviluppi immediate reazioni avverse, come crampi, vomito e diarrea. Il disturbo da alimentazione incontrollata- Binge Eating Disorder- è un altro prototipo di consumo compulsivo di HPF in quanto è stato evidenziato che le abbuffate sono associate in modo negativo con i cibi MPF (minimamente processati) e in modo positivo con gli alimenti HPF.
Il secondo criterio analizzato dagli autori è l’effetto psicoattivo, definito come la capacità di “produrre alterazioni transitorie dell’umore che sono principalmente mediate da effetti sul cervello”. La capacità del tabacco di alterare l’umore è più sottile di quella di sostanze come gli oppioidi e l’alcool. Tuttavia, i prodotti del tabacco possono causare sensazioni di piacere e riduzione degli affetti negativi. Vi è consenso sul fatto che tutte le sostanze che creano dipendenza aumentano la trasmissione dopaminergica nello striato, L’assunzione di HPF, rispetto a MPF, è associata a una maggiore esperienza di piacere e l’entità di questo effetto è superiore negli gli individui con dipendenza dall’alimentazione. Inoltre, l’assunzione di HPF è spesso motivata dal desiderio di controllare l’umore, ad esempio provando piacere e riducendo i sentimenti negativi, piuttosto che per soddisfare i bisogni omeostatici. A livello cerebrale, gli HPF aumentano la dopamina nello striato con una magnitudo simile a quella della nicotina quando viene assunta per via orale.
Il terzo criterio analizzato è che il tabacco sia una sostanza che rinforza il suo consumo, ovvero è “sufficientemente gratificante da indurre auto-somministrazione”. Rispetto ad altre sostanze che creano dipendenza come la cocaina, la nicotina causa un rinforzo relativamente debole e in una gamma più ristretta di condizioni. Le evidenze scientifiche suggeriscono invece che il rinforzo indotto dagli alimenti HPF sia forte. Sia gli adulti che i bambini si autosomministrano HPF, patatine, caramelle e biscotti, anche quando sono sazi.
Il quarto criterio è il craving. Nel rapporto del 1988, il desiderio per la sostanza – craving- era elencato come criterio secondario, non necessario per l’identificazione del tabacco come potenziale di dipendenza. Tuttavia, il rapporto afferma che il primo criterio – l’uso compulsivo – ‘è guidato da un forte, spesso irresistibile, impulso; ovvero il craving. Successivamente, la il craving per il fumo è stato riconosciuto come un criterio centrale, alla base della di dipendenza. L’esperienza del craving- un forte impulso o desiderio- di cibo ipercalorico può essere adattiva quando l’organismo è impoverito di calorie. Il desiderio di HPF si verifica anche quando gli individui sono sazi. I cibi più comunemente desiderati sono tutti il cioccolato, i dolci, la pizza. I substrati neurali alla base del craving per gli HPF e per le altre sostanze sono sovrapponibili. Come accade con il tabacco, gli stimoli associati agli HPF sono segnali motivazionali salienti e il desiderio- craving- indotto da questi segnali si associa ad aumento del cosumo, perdita di controllo e quindi episodi di abbuffate, difficoltà nella perdita di peso e incapacità di ridurre l’assunzione di HPF di fronte a condizioni di salute gravi.
In conclusione, le diete ricche di HPF contribuiscono a una larga parte di morti prevenibili, in misura paragonabile all’effetto dei prodotti del tabacco. Capire che l’assunzione eccessiva di HPF è un comportamento di dipendenza, può portare allo sviluppo di nuovi trattamenti per i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione che hanno come obiettivo i meccanismi della dipendenza. Ciò può anche migliorare il controllo della commercializzazione degli HPF con evidenti vantaggi in particolare per i bambini. Infine, è importante sottolineare che, se la scienza supporta la teoria che gli HPF non sono soltanto non-salutari, ma che creano dipendenza; questo cambio di paradigma combatte lo stigma sull’obesità e le affermazioni secondo cui la persona sceglie volontariamente di consumare HPF in modo eccessivo e non ne riduce il consumo per mancanza di volontà.
Riferimento bibliografico:
Gearhardt AN, DiFeliceantonio AG. Highly processed foods can be considered addictive substances based on established scientific criteria. Addiction. 2023 Apr;118(4):589-598. doi: 10.1111/add.16065. Epub 2022 Nov 9. PMID: 36349900.
Link PubMed:
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36349900/
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Schulte EM, Potenza MN, Gearhardt AN. A commentary on the “eating addiction” versus “food addiction” perspectives on addictive-like food consumption. Appetite. 2017 Aug 1;115:9-15. doi: 10.1016/j.appet.2016.10.033. Epub 2016 Oct 27. PMID: 27984189.
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