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Fibroblast Growth Factor 23, omeostasi del glucosio e incidenza del diabete: risultati di due studi di coorte

Contributo di Caterina Pelosini

Fibroblast Growth Factor 23, omeostasi del glucosio e incidenza del diabete: risultati di due studi di coorte

Background: Il fattore di crescita dei fibroblasti-23 (FGF23), ormone chiave nel metabolismo del fosfato, è stato associato all’alterazione del metabolismo del glucosio, ma il suo ruolo continua ad essere poco chiaro.

Obiettivi: Lo scopo di questo studio è di valutare il rapporto tra FGF23 e omeostasi glucidica.

Metodi: 1. É stato valutato, l’effetto del carico di glucosio (OGTT) sui livelli plasmatici della porzione c-terminale di FGF23 (FGF-23 c-ter) e la sua relazione con il fosfato plasmatico utilizzando una time-lag analisi, in 45 individui sovrappeso (indice di massa corporea [IMC] 25-30).

  1. É stata indagata in una coorte di riferimento, l’associazione tra livelli plasmatici di FGF23 c-ter e omeostasi glucidica, utilizzando una regressione lineare multivariata.
  2. É stata studiata l’associazione tra FGF23 diabete e obesità (IMC>30) in pazienti che inizialmente non presentavano né l’una né l’altra patologia utilizzando la regressione multivariata di COX.
  3. É stata studiata l’associazione tra livelli plasmatici di FGF23 e diabete IMC-dipendente.

Risultati: dopo carico di glucosio le variazioni dei livelli plasmatici di FGF23 hanno preceduto i quelle di fosfato (Ptime-lag = 0,04). Nella coorte di riferimento (N = 5482; età media 52 anni, 52% donne, FGF23 mediano 69 RU/mL), FGF23 era associato al glucosio plasmatico (β = 0,13 [0,03-0.23]; P = 0,01), all’insulina (β = 0,10 [0,03-0,17]; P < 0,001) e alla proinsulina (β = 0,06 [0,02-0,10]; P = 0,01) al basale.

Sulla base dei risultati ottenuti dall’analisi longitudinale, l’elevato valore basale di FGF23 risulta indipendentemente associato allo sviluppo di diabete (199 events [4%]; fully adjusted hazard ratio [HR] 1.66 [95% CI, 1.06- 2.60]; P = .03) e di obesità (241 events [6%]; fully adjusted HR 1.84 [95% CI, 1.34-2.50]; P <0,001). L’associazione tra FGF23 e l’incidenza del diabete perde la sua significatività se i dati ottenuti vengono corretti per il BMI.

Conclusioni: il carico di glucosio ha un effetto fosfato-indipendente sui livelli plasmatici di FGF23 e, viceversa, FGF23 risulta associato ai livelli plasmatici di glucosio, insulina e proinsulina e alla presenza di obesità. Questi risultati suggeriscono un’associazione tra FGF23 e omeostasi del glucosio che può favorire la suscettibilità individuale a sviluppare il diabete.

Commento:  Premessa: FGF23 è una proteina secreta da osteoblasti e osteociti che ha un ruolo cruciale nel metabolismo del fosfato riducendone il riassorbimento tubulare ed aumentandone l’escrezione urinaria. L’incremento della concentrazione plasmatica di FGF23 si associa ad un aumento del rischio cardiovascolare e della mortalità, soprattutto in pazienti affetti da malattia renale cronica (Chronic Kidney Disease – CKD).

Topi KO per FGF23 mostrano una maggior insulino-sensibilità periferica, un miglioramento della tolleranza glucidica ed una riduzione del grasso corporeo rispetto ai wild-type. Nell’uomo FGF23 si associa positivamente ai marcatori di insulino-resistenza e obesità e i suoi livelli plasmatici diminuiscono in seguito al carico glucidico; non è chiaro se ciò sia dipendente o meno dai livelli di fosfato.  Ciò che si nota è che l’insulina stimola l’uptake del fosfato intracellulare per  la fosforilazione del glucosio a glucosio-6-fosfato a cui consegue una riduzione del fosfato plasmatico che determina una minor secrezione di FGF23 da parte dell’osso. Esiste quindi inversa proporzionalità tra concentrazione di FGF23 e livelli plasmatici di glucosio e insulina.

Questa premessa dà luogo all’ipotesi formulato dagli autori che esista un crosstalk tra FGF23 e omeostasi glucidica la cui alterata regolazione potrebbe contribuire allo sviluppo del diabete.

I risultati ottenuti sulle due coorti di pazienti prese in esame nel presente studio mostrano che:

  1. le variazioni dei livelli plasmatici di FGF23 in seguito a OGTT sono indipendenti dai cambiamenti di concentrazione di fosfato plasmatico;
  2. esiste una chiara associazione tra FGF23 e incidenza di diabete e obesità; ciò suggerisce un ruolo di FGF23 nella fisiopatologia del diabete probabilmente attraverso un effetto mediato da un’aumentata adiposità che influenza di per sé la sensibilità insulinica;
  3. il rischio di sviluppare diabete e obesità potrebbe essere maggiore nelle popolazioni che presentano elevati livelli plasmatici di FGF23, come i pazienti affetti da CKD.

Il lavoro dà delle interessanti indicazioni in merito al ruolo di FGF23 come predittore della malattia metabolica. La letteratura mostra già una chiara associazione tra FGF23 e marcatori classici dell’infiammazione a dimostrazione del fatto che elevati livelli di questo ormone si associano ad un’aumentata adiposità, come mostrato dalla correlazione diretta con i livelli di leptina sierica che sembra stimolarne la produzione da parte dell’osso. Parallelamente si riscontra una correlazione inversa con la concentrazione di adiponectina, molecola che ha un’importante ruolo nella protezione dal danno endoteliale e dal conseguente rischio cardiovascolare; ciò supporta ulteriormente l’evidenza che concentrazioni elevate di FGF23 predispongano ad un aumentato rischio cardiovascolare.

Tutto ciò indicherebbe che FGF23 potrebbe rappresentare un’importante marcatore di rischio metabolico e cardiovascolare oltre ad essere utile nel predire l’insorgenza di malattia renale nei pazienti affetti da obesità.

Per quanto riguarda i metodi di dosaggio utilizzati per determinarne la concentrazione plasmatica, nel presente lavoro si fa riferimento a due diversi metodi ELISA, Biomedica e Quidel, entrambi utilizzabili solo a scopo di ricerca e specifici sia per la molecola intatta che per il frammento c-ter. Il primo consente di valutare la concentrazione dell’analita in pmol/L mentre il secondo in RU/ml e ciò potrebbe implicare una certa difficoltà nell’equiparare i risultati ottenuti con le due metodiche tra le coorti prese in esame.

Oggi sappiamo che la forma biologicamente attiva dell’ormone è la forma intatta che ha un’emivita di circa un’ora ed è metabolizzata nei suoi frammenti inattivi C-terminale e N-terminale. Per questo sono stati progettati dei saggi specifici, sia in ELISA che in chemiluminescenza in grado di rilevare la molecola intatta.

Tali metodiche, approvate per uso clinico, potrebbero rappresentare il gold standard per la determinazione della concentrazione plasmatica di FGF23 ma la discussione in merito è sempre molto accesa.

Ciò che depone a sfavore del dosaggio della molecola intatta è la sua instabilità (circa un’ora) in assenza di inibitore delle proteasi, mentre per quanto riguarda il c-ter, non esiste alcuna standardizzazione tra i diversi metodi presenti in commercio (peraltro tutti per esclusivo uso di ricerca), in particolar modo per quanto riguarda le unità di misura di riferimento.

Ciò a sottolineare che sarebbe opportuno, visto l’interesse che ruota attorno a questo analita dalle poliedriche implicazioni, pensare di formulare una consensus volta a determinare quale sia il metodo più opportuno di dosaggio in modo da consentire un’armonizzazione dei risultati soprattutto qualora quest’ormone diventasse un marker di riferimento nella pratica clinica.

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