Tre nuove prospettive sulla tempesta perfetta: cosa c’è dietro l’epidemia della obesità?
Contributo di DE PERGOLA
Tre nuove prospettive sulla tempesta perfetta: cosa c’è dietro l’epidemia della obesità?
Editorial: Three new perspectives on the perfect storm: what’s behind the obesity epidemic?
Ravussin Eric e Ryan Donna H, Obesity, 26 (1) : 9-10, 2018
L’incremento della prevalenza della obesità è stato osservato inizialmente intorno al 1980 negli Stati Uniti (USA), ma il problema è attualmente riconosciuto in almeno 30 nazioni. Sebbene siano state adottate varie strategie per arginare tale fenomeno, nessuna nazione ha avuto successo nell’invertire il progressivo incremento della prevalenza della obesità. Negli USA, il 70.7% degli adulti di età pari o superiore a 20 anni presenta una condizione di sovrappeso od obesità (2017, dati forniti dal National Center for Health Statistics, https://www.cdc.gov/nchs/fastats/obesityoverweight); ancora più preoccupante è la velocità con cui sta aumentando la prevalenza della obesità nei bambini sia negli USA sia nel globo (2017, dati forniti dal World Health Organization, http://www. who.int/end-childhood-obesity/facts/en). La elaborazione dei dati disponibili ha permesso di ipotizzare che, nel 2030, il 51% della popolazione americana sarà affetta da obesità. Poiché questa è a sua volta una causa determinate di patologie quali il diabete mellito, le malattie cardiovascolari ed il cancro, è stato stimato che il decremento di un solo punto percentuale nella previsione della prevalenza della obesità nel 2030 permetterebbe di ridurre le spese inducibili da tale patologia di 84.9 + 9.3 bilioni di dollari nell’arco di due decadi.
Accanto ai fattori genetici, che hanno un ruolo predisponente, quelli ambientali hanno un ruolo determinante. In accordo ad una colorita immagine proposta da Joslin circa 100 anni fa, che ha paragonato ad un fucile un ipotetico contenitore dei fattori responsabili della obesità, i fattori genetici rappresenterebbero i colpi da sparare e quelli ambientali il grilletto da premere. Senza l’uno non potrebbe essere attivo l’altro. In una visione più completa, i fattori non modificabili, quali i geni, l’età e il sesso, e le variabili modificabili, quali i fattori ambientali (alimentazione in particolare), il livello di attività fisica ed i trigger aggiuntivi, influenzano l’equilibrio tra i nutrienti introdotti con cibo e bevande e la loro ossidazione (calories in / calories out). Se esaminiamo singolarmente le componenti modificabili, i fattori ambientali riguardano la composizione dei macronutrienti (carboidrati, lipidi e proteine) o la disponibilità, la palatabilità, il costo e la lavorazione degli alimenti o il consumo di snack e pasti fuori casa.
La idea prevalente è che il numero complessivo delle calorie introdotte sia più importante della percentuale dei macronutrienti, anche se la crescente abitudine di mangiare fuori casa, assumendo frequentemente snack e porzioni più grandi rispetto alle abituali, ed il progressivo aumento del consumo di alimenti altamente processati (carni rosse soprattutto), palatabili e poco costosi (con elevate quantità di zuccheri, grassi, sale e additivi molto saporiti) inducano per se ad un eccessivo consumo calorico (1).
Anche il livello di attività fisica può influenzare in maniera significativa il peso corporeo: il movimento legato al tipo di lavoro, il grado di utilizzazione dei mezzi di trasporto (automobile, ascensore, etc), la disponibilità o meno di ambienti idonei per le passeggiate e l’attività fisica, l’esercizio svolto nel tempo libero, etc., sono tutti fattori che possono aumentare o ridurre il rischio di obesità. Un dato rilevante è che negli ultimi 40-50 anni si è ridotta del 30% la percentuale di soggetti che svolge un lavoro che richiede un impegno fisico tale da bilanciare il comune introito calorico (2).
Accanto ai classi fattori, quali il cibo e l’attività fisica, fattori trigger aggiuntivi di recente identificazione rappresentano la terza componente importante nel favorire la incidenza della obesità nel mondo attuale (3). Tra questi hanno rilievo le alterazioni del sonno, da un punto di vista quantitativo e qualitativo, ed il fumo. Altri fattori trigger sono i fattori psicologici, soprattutto quelli che inducono disparità sociali, ed altri fattori ambientali quali alcuni farmaci, gli interferenti endocrini, le modificazioni del microbioma ambientale (e conseguentemente anche intestinale), la temperatura esterna e l’aumento della concentrazione di anidride carbonica nell’aria.
In sintesi, le tre citate componenti, che Ravussin e Ryan definiscono “prospettive”, ci permettono di riflettere sul fatto che le modificazioni dell’ambiente indotte dall’uomo, hanno da una parte migliorato lo stato medio di salute (riduzione delle infezioni e delle malattie acute ed allungamento della vita), ma, dall’altra, favorito in maniera epidemica patologie croniche “non trasferibili”, come la obesità e le sue complicanze. Queste modificazioni ambientali hanno permesso di coniare il termine di “obesogenic environment”, attualmente molto in uso negli articoli specializzati. L’obiettivo delle prossime decadi dovrà allora essere quello d’invertire alcune delle attuali situazioni ed abitudini, generando condizioni più salutari.
Cosa fare? Quali strategie privilegiare? Le risposte proposte sono: 1) Ridisegnare l’ambiente in cui viviamo da un punto di vista architettonico e strutturale, favorendo le passeggiate e l’uso della bicicletta da parte degli abitanti, etc., ed aumentando il numero dei negozi che vendono frutta, verdura ed alimenti salutari. 2) Incoraggiare l’esercizio fisico a partire dalla più giovane età, sia nelle scuole sia in famiglia. 3) Stimolare ed incentivare le industrie alimentari a condividere le strategie, aumentando la produzione ed il marketing di prodotti alimentari salutari, anche originali. 4) Sviluppare politiche finalizzate a modificare i settori dell’alimentazione e dell’ambiente con effetti salutari. 5) Limitare al minimo la produzione di inquinanti ambientali. 6) Proporre percorsi medici salutari ed efficaci per il management del peso corporeo. Certamente, non fare assolutamente niente per limitare la epidemia della obesità non è una opzione e non si può certamente sperare o aspettare che si instauri un lentissimo percorso di selezione genetica che avvantaggi un genotipo che favorisca la spesa energetica (spendthrift genotype) rispetto ad un genotipo attualmente prevalente che favorisce il risparmio delle calorie (thrifty genotype).
Bibliografia
- Hall KD. Did the food environment cause the obesity epidemic? Obesity, 26:11-13, 2018
- Church C, Martin CK. The obesity epidemic: A consequence of reduced energy expenditure and the uncoupling of energy intake? Obesity, 26: 14-16, 2018
- Davis RAH, Plaisance EP, Allison DB. Complementary hypotheses on contributors to the obesity epidemic. Obesity, 26:17-21, 2018
COMMENTO
L’articolo enfatizza in maniera convincente la necessità di realizzare, quasi con urgenza, strategie per arrestare, e possibilmente invertire, il progressivo aumento della prevalenza della obesità e delle sue complicanze nella totalità dei paesi industrializzati. Il richiamo di Ravussin e Ryan non concerne soltanto gli aspetti medici ed economici del problema, ma fa riferimento anche alla necessità di un maggiore rispetto per l’ambiente, che il comportamento dell’uomo sta snaturando. Le modificazioni della temperatura ambientale, l’aumento delle concentrazioni di anidride carbonica nell’aria, l’aumento degli endocrine disruptors nel suolo e nelle acque, la mancanza di giardini e di piste ciclabili sono soltanto alcuni esempi dell’effetto dell’opera dell’uomo.
Il mio modesto parere è che articoli come questo dovrebbero essere letti e conosciuti non soltanto dagli specialisti del settore nutrizionale, ma da tutti gli operatori del mondo sanitario e, probabilmente, da tutti gli individui che appartengono al mondo della cultura e della politica. Ognuno di essi dovrebbero chiedersi qual è il futuro del globo.