Durata del sonno e tessuto adiposo viscerale: analisi di randomizzazione mendeliana lineare e non lineare
Contributo di Caterina Conte
DURATA DEL SONNO E TESSUTO ADIPOSO VISCERALE: ANALISI DI RANDOMIZZAZIONE MENDELIANA LINEARE E NON LINEARE
Obiettivo: sempre più evidenze suggeriscono che il sonno è importante per il metabolismo lipidico. Tuttavia, la relazione causale tra durata del sonno e tessuto adiposo viscerale (visceral adipose tissue, VAT) non è del tutto compresa. Questo studio ha esaminato l’associazione causale, lineare e non lineare, tra la durata del sonno e VAT.
Metodi: lo studio ha utilizzato la randomizzazione mendeliana (RM) a un campione e a due campioni. I polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) significativamente associati alla durata del sonno sull’intero genoma sono stati derivati da studi di associazione genome-wide pubblicati in precedenza. È stata anche ricalcolata la correlazione tra ogni SNP e la durata del sonno nella UK Biobank. Le associazioni di SNP con il VAT predetto (396.858 partecipanti) sono state ottenute dalla UK Biobank.
Risultati: nello studio sono stati inclusi 396.858 partecipanti idonei (54,1% femmine, 57 ± 8 anni). I partecipanti dormivano 7,17 ± 1,04 ore e avevano in media 1,25 ± 0,88 kg di VAT. La durata del sonno geneticamente determinata era significativamente associata al VAT. Per ogni ora di aumento della durata del sonno geneticamente determinata, la riduzione della massa di VAT prevista era di 0,11 kg (P = 8,18E-16nell’intera popolazione, 0,17 kg (P = 3,30E-11) negli uomini e 0,07 kg (P = 1.94E-06) nelle donne. Le analisi RM non lineari hanno dimostrato la non linearità (associazione di forma a “L”) tra la durata del sonno geneticamente determinata e il VAT in tutti i partecipanti, uomini e donne. Analisi complementari hanno fornito conferma degli effetti negativi della breve durata del sonno geneticamente determinata sull’aumento del VAT. Al contrario, non è stata trovata alcuna evidenza chiara sull’effetto causale di una lunga durata del sonno geneticamente determinata sulla massa del VAT.
Conclusione: l’associazione causale della durata del sonno con il VAT aveva una forma a “L”. Questi risultati supportano che una breve durata del sonno è un fattore di rischio per l’aumento del VAT, rinforzando l’ipotesi che l’aumento della durata del sonno possa ridurre il VAT.
Commento:
I risultati di Yu e colleghi indicano che una breve durata del sonno (< 7 ore al giorno) è causalmente collegata all’aumento del VAT, mentre una lunga durata del sonno (> 8 ore al giorno) non lo è. Questi dati sono in linea con un recente studio su soggetti non affetti da obesità che dimostra che limitare il sonno a 4 ore/notte per due settimane aumenta l’assunzione di cibo in assenza di variazioni della spesa energetica, con conseguente significativo aumento di peso e aumento del VAT (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35361348/). Va notato che la maggior parte degli studi precedenti che hanno valutato l’effetto metabolico della riduzione del sonno erano di breve durata, consentendo di esplorare solo gli effetti acuti della riduzione del sonno. Per la prima volta, Yu e coll. dimostrano che gli individui geneticamente predisposti a una breve durata del sonno, ovvero coloro che sono probabilmente esposti a un sonno inadeguato per tutta la vita, sono a rischio di avere un aumento del VAT. Un’altra importante informazione che emerge da questo studio è l’assenza di causalità tra una lunga durata del sonno e l’eccesso di VAT, suggerendo che l’associazione a “U” tra la durata del sonno e gli effetti avversi per la salute riscontrata in precedenti studi osservazionali potrebbe essere attribuibile a un fenomeno di causalità inversa.
Diversi meccanismi possono essere coinvolti nell’associazione tra breve durata del sonno e aumento del VAT, incluso il potenziamento delle vie anaboliche nel tessuto adiposo, variazioni nelle concentrazioni plasmatiche degli ormoni che regolano l’appetito con conseguente aumento dell’assunzione di cibo, l’alterazione della regolazione circadiana del trascrittoma del tessuto adiposo bianco e le variazioni dell’attività cerebrale nelle regioni deputate al reward e controllo cognitivo dell’alimentazione (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30870662/), anche se la comprensione dei meccanismi sottostanti è tutt’altro che completa. Il sonno inadeguato è anche associato all’insulino-resistenza periferica (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30870662/). I risultati di Yu e colleghi suggeriscono che l’aumento del VAT potrebbe, almeno in parte, mediare questa associazione.
Sebbene questo studio rappresenti un avanzamento delle conoscenze, presenta alcune limitazioni che dovrebbero essere prese in considerazione e affrontate da studi futuri. Gli individui di origine non europea sono stati esclusi dall’analisi, rendendo i risultati poco generalizzabili. Inoltre, la partecipazione allo studio UK Biobank è stata associata a specifiche varianti genetiche, il che rappresenta un potenziale bias di selezione. Ad esempio, è stato dimostrato che le varianti associate a livelli più elevati di adiposità riducono la probabilità di partecipare a componenti opzionali della UK Biobank (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33563987/). Un’altra potenziale limitazione è che la durata del sonno è stata riferita dai partecipanti e calcolata come il numero totale di ore di sonno in ogni 24 ore, compresi i “riposini”. Pertanto, non è stato possibile definire l’effetto di pattern di sonno specifici (ad es. coricarsi a tarda notte, riposini diurni, cronotipo) che possono influenzare anche l’adiposità (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34190997/). Infine, l’assunzione di cibo non è stata valutata. Questa informazione sarebbe stata utile per capire come la durata del sonno geneticamente determinata influisca sulle abitudini alimentari. Per caratterizzare meglio l’associazione tra sonno breve e adiposità in eccesso, gli studi futuri dovrebbero includere popolazioni più diversificate e studiare i pattern del sonno e le abitudini alimentari.
Un altro aspetto da valutare è se gli interventi volti ad aumentare la durata (e la qualità) del sonno siano efficaci per il trattamento dell’adiposità in eccesso. Ci sono alcune evidenze che questi possono avere un effetto favorevole sul peso (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30870662/), ma i dati sono ancora scarsi. Viste le crescenti evidenze a sostegno dell’impatto negativo di un sonno inadeguato sulla salute cardiometabolica, sono necessari studi ampi e ben disegnati che affrontino l’efficacia dell’educazione al sonno nel ridurre l’eccesso di adiposità. Ciò è ancora più rilevante nel contesto della pandemia da COVID-19, che ha avuto un profondo impatto sullo stile di vita, compreso il sonno, in milioni di persone in tutto il mondo (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35131664/).
In sintesi, lo studio di Yu e colleghi indica che una breve durata del sonno (< 7 ore al giorno) è causalmente associata a un eccesso di VAT, corroborando e avanzando le conoscenze precedenti. Sono necessari ulteriori studi per espandere queste osservazioni ad altre popolazioni, per caratterizzare meglio i meccanismi sottostanti e per valutare l’efficacia del counselling sull’igiene del sonno sugli outcome cardiometabolici. In attesa che i ricercatori svelino la scienza alla base del detto popolare, sembra ragionevole implementare la valutazione della durata del sonno nella pratica clinica e informare i pazienti delle potenziali conseguenze di un sonno insufficiente. Forse il sonno non è la migliore medicina, ma l’evidenza suggerisce che potrebbe essere – come minimo – una terapia molto buona.
Riferimento bibliografico: Yuefeng Yu, Yingchao Chen, Haojie Zhang, Sizhi Ai, Jihui Zhang, Christian Benedict, Ningjian Wang, Yingli Lu, Xiao Tan. Sleep duration and visceral adipose tissue: linear and nonlinear Mendelian randomization analyses. J Clin Endocrinol Metab. 2022 Sep 22;dgac551. doi: 10.1210/clinem/dgac551.
Link Pubmed: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36134520/