Autore :
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B. A. Ahmed et al. Lower brown adipose tissue activity is associated with non-alcoholic fatty liver disease but not changes in the gut microbiota Volume 2, Issue 9, 21 September 2021.

Contributo: Milan

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S266637912100255X?via%3Dihub#abs0020
B. A. Ahmed et al. Lower brown adipose tissue activity is associated with non-alcoholic fatty liver disease but not changes in the gut microbiota Volume 2, Issue 9, 21 September 2021. Cell Reports Medicine https://doi.org/10.1016/j.xcrm.2021.100397

Highlights
• Soggetti adulti sovrappeso e con obesità [BMI 30.4 (26.0-35.9)] e con steatosi epatica (NAFLD) hanno una minore attività del tessuto adiposo bruno (BAT) rispetto ai controlli normopeso senza steatosi epatica
• L’attività del BAT, la percentuale di grasso nel fegato [che ha permesso di dividere i soggetti in due gruppi: con NAFLD (+) e senza NAFLD (-)] e il volume del tessuto adiposo viscerale (VAT) e sottocutaneo (SAT) addominale sono stati quantificati per mezzo di scansioni di risonanza magnetica (MRI) condotte a livello della regione sopraclavicolare, del fegato e dell’addome.
• L’attività del BAT non è associata al microbiota fecale e non è trasmissibile con trapianto fecale da uomo a topo.

Riassunto
Nei modelli animali (topo) una minore attività del BAT è associata con un maggiore grado di steatosi epatica e con cambiamenti nel microbiota intestinale. Poco si sa invece delle relazioni tra questi elementi nell’uomo.
In 60 soggetti adulti è stato quantificato il grasso del fegato, l’attività del BAT dopo esposizione al freddo utilizzando la risonanza magnetica e la composizione del microbiota intestinale mediante sequenziamento del rRNA ribosomiale (16S). Inoltre le feci ottenute da soggetti donatori con una alta (n=3) o una bassa (n=4) attività di BAT sono state trapiantate in ceppi di topi gnotobiotici*, per valutare se l’attività del BAT potesse essere influenzata dal microbiota intestinale. I risultati hanno dimostrato che soggetti (n=29) con sovrappeso e obesità [BMI= 30.4 (26.0-35.9)] e NAFLD [% grasso epatico= 7.1(6.2-8.5)] sono caratterizzati da una minore attività del BAT dopo stimolo con il freddo (18°C per 3 ore) rispetto ai soggetti di controllo (n=30) normopeso [BMI=22.4 (21.0-25.0)] senza NAFLD [%grasso epatico= 4.6(4.0-5.1)] e che tale attività è inversamente correlata al contenuto intraepatico di grasso (r=-0.41, p=0.001).
L’attività del BAT invece non è dipendente dalla composizione del microbiota fecale e non è trasmissibile mediante trapianto fecale nel topo.

*=Gli animali gnotobiotici sono nati in condizioni asettiche, che possono includere la rimozione dalla madre dalla sezione cesarea e il trasferimento immediato del neonato ad un isolatore in cui viene sterilizzata tutta l’aria in ingresso, il cibo e l’acqua. Tali animali vengono normalmente allevati in un ambiente di laboratorio controllato sterile o microbiologico e sono esposti solo a quei microrganismi che i ricercatori desiderano presentare nell’animale. Questi gnotobionti sono usati per studiare le relazioni simbiotiche tra un animale e uno o più microrganismi che possono abitare nel suo corpo.

Limiti dello studio
Sono stati studiati soggetti giovani, senza complicanze, con sovrappeso o obesità lieve e senza trattamenti farmacologici.
Pochi soggetti studiati; assenza di informazioni relative all’etnia.
L’introito calorico della dieta non è stato standardizzato, cosa che potrebbe aver influenzato la composizione del microbiota intestinale. Peraltro l’introito di macronutrienti e di fibre nelle 24 ore precedenti la MRI è stato valutato e riportato dai soggetti stessi senza mostrare differenze tra i gruppi NAFLD(+) e NAFLD (-).

Vantaggi metodologici dello studio
Utilizzo di una metodica standardizzata (MRI) che permette di quantificare l’attività del BAT dopo esposizione al freddo in tute con acqua circolante a temperatura e flusso controllato [high-density liquid conditioned suit (Med-Eng,Ottawa, Canada)].
Molti studi presenti in letteratura hanno quantificato il BAT mediante PET/CT con 18F-fluorodesossiglucosio. Gli autori sottolineano come sia importante quantificare l’attività del BAT dopo una esposizione al freddo, con un metodo standardizzato, e ricordano che sono i trigliceridi (TG) e non il glucosio la fonte primaria di energia per il BAT attivato.
Dal punto di vista metodologico la frazione di grasso stimata dalla densità protonica derivata dalle sequenze di MRI (MRI-PDFF) misura il rapporto tra la densità totale dei protoni mobili del grasso rispetto alla densità totale dei protoni mobili del grasso e dell’acqua e quindi rispecchia la concentrazione di TG in un dato tessuto.
In tal modo MRI-PDFF riesce a distinguere tra BAT e tessuti circostanti (WAT e muscolo) basandosi sulle rispettive proprietà fisiche. La riduzione della PDFF che si osserva nella regione sopraclavicolare in risposta allo stimolo del freddo correla con le misure fatte mediante 18F-FDG PET/CT ed è stata comprovata anche da analisi istologica di espressione di UCP1. Diversamente la PDFF nel SAT non cambia dopo esposizione al freddo, poiché BAT e WAT hanno risposte differenti a questo stimolo, come dimostrato da questi autori e da altri in precedenza.

Conclusioni e Commenti
I soggetti studiati mediante MRI sono stati innanzitutto divisi in due gruppi in base all’attività del BAT (Tabella S1): bassa attività del BAT (n=33) e alta attività del BAT (n=27). Quelli con bassa attività del BAT sono più vecchi, contengono una % maggiore di sesso femminile, hanno una circonferenza vita, un BMI, una massa grassa, un volume di SAT e soprattutto di VAT aumentato. Anche la glicemia a digiuno e dopo 2h durante OGTT sono significativamente maggiori nel gruppo con bassa attività di BAT. Il gruppo con bassa attività di BAT mostra anche una % lievemente maggiore di grasso nel fegato (p=0.054).
Se i soggetti invece vengono divisi in NAFLD (+) e NAFLD (-) in base alla % di grasso epatico misurata da MRI-PDFF [>5.6% per (+)] i primi mostrano una attività del BAT del 50 % inferiore ai secondi (p=0.019).
L’attività del BAT correla negativamente con l’età, la massa grassa, la circonferenza vita, il BMI, il volume di VAT, la glicemia, i livelli di emoglobina glicata e la % di grasso nel fegato. Tali dati quindi suggeriscono una relazione tra attività del BAT e NAFLD, sottolineata nel lavoro, ma anche tra attività del BAT e migliore omeostasi glucidica.
Contrariamente all’ipotesi iniziale e agli studi precedenti realizzati nei topi, gli autori non hanno identificato delle caratteristiche specifiche del microbiota intestinale collegate con l’attività del BAT e non hanno mostrato evidenze che l’attività del BAT possa essere trasmessa attraverso il trapianto fecale di feci umane in topi. Questi risultati suggeriscono, secondo gli autori, che nell’uomo, a differenza del topo, il microbiota intestinale non sia in grado di influenzare il metabolismo del BAT e la sua azione sulla massa grassa, sul peso corporeo e sul consumo di ossigeno.
Il lavoro offre indubbiamente risultati interessanti e misure precise dell’attività del BAT e della diagnosi di NAFLD utilizzando tecniche MRI. Suggestiva la correlazione tra % di grasso epatico e attività del BAT. Un po’ meno chiari i risultati ottenuti dividendo i pazienti in gruppi [alta e bassa attività del BAT; NAFLD (+) e NAFLD (-)], anche per quanto riguarda la composizione del microbiota intestinale (non diversa nei primi ma differente nei secondi). Gli esperimenti di trapianto fecale, peraltro molto complessi da eseguire e da monitorare, sono stati fatti con pochi donatori e le analisi condotte nell’animale potrebbero non essere sufficienti per valutare appieno l’attività del BAT e la sua influenza sul metabolismo del topo e la predisposizione all’aumento di peso e di massa grassa.

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