Autore :
SIO

Anthropometric and Dietary Factors as Predictors of DNA Damage in Obese Women

SIO Journal Club - Articolo

Contributo di SAVASTANO

Anthropometric and Dietary Factors as Predictors of DNA Damage in Obese Women

Włodarczyk M, Jabłonowska-Lietz, Olejarz W, Nowicka G. Nutrients. 2018 May 8;10(5). pii: E578. doi: 10.3390/nu10050578
PMID: 29738492

Background

Il danno ossidativo, che si traduce in instabilità genomica associata all’attivazione di oncogeni e/o all’inattivazione di geni oncosoppressori e rappresenta la principale minaccia per l’integrità del genoma nella maggior parte degli organismi viventi, costituisce il legame meccanicistico tra obesità e comorbilità, quali steatoepatite non alcolica, sindrome metabolica, diabete di tipo 2, CVD, apnea ostruttiva del sonno e neoplasie. La dieta costituisce un fattore determinante nel mantenimento della stabilità del DNA.

Scopo dello studio

Valutare il ruolo dei fattori antropometrici e nutrizionali come determinanti di danni al DNA in donne obese e non-obese.

Disegno Sperimentale, Setting, Partecipanti

In questo studio osservazionale sono state valutate  114 donne in premenopausa obese e non obese apparentemente sane di origine caucasiche e residenti nella regione di Varsavia tra gennaio 2010 e gennaio 2013.

Principali Outcomes

La composizione corporea è stata valutata mediante esame bioimpedenziometrico, mentre la composizione degli alimenti è stata determinata mediante diario alimentare dei 3 giorni. Veniva inoltre effettuata la valutazione del profilo glicidico, lipidico ed infiammatorio (PCR). Lo studio dell’integrità del DNA è stato condotto su linfociti periferici mediante comet assay.

Risultati

L’età media delle 88 donne obese e 26 non-obese era di 39±6 anni (range 24–52). Tra le donne non-obese, il 65% presentava sovrappeso, mentre 20 e 6  soggetti erano normopeso o sottopeso, rispettivamente. Le donne obese presentavano livelli di danno al DNA (4.50±2.47) circa il doppio rispetto alle donne sovrappeso (2.55±0.59) e normopeso (1.74±0.34) (p<0.0001), con una associazione positiva tra livello di danno al DNA  e PCR (r= 0.457; p<0.05). Il livello di danno al DNA presentava inoltre una correlazione positiva non solo con l’età, ma solo nei soggetti sovrappeso/normopeso, ma anche con il BMI e la massa grassa, i livelli sierici di colesterolo totale e LDL, trigliceridi e glicemia, apporto calorico totale, apporto energetico dei grassi totali e saturi, e negativa con l’apporto di vitamine antiossidanti C e E. L’analisi multivariata evidenziava che BMI, apporto calorico totale e intake di vitamina C ed E erano i maggiori determinanti del grado del danno al DNA. In particolare, il 30% della varianza del danno al DNA era determinato dal BMI, mentre Vitamina C ed E ne determinavano il 34.5% ed il 32.6%, rispettivamente.

Conclusioni e Rilevanza 

L’instabilità genomica ha una profonda correlazione con l’invecchiamento. Nel presente studio, l’evidenza di un’associazione tra danno al DNA nei linfociti periferici nei soli controlli normopeso/sovrappeso indicava che, rispetto all’età, una maggiore rilevanza in tale associazione era  determinata da fattori correlati all’obesità, in particolare la disfuzione adipocitaria che induce danno mitocondriale, accumulo di ROS, produzione di citochine infiammatorie ed infiammazione cronica di basso grado, alterazioni del signaling insulinico e del metabolismo glicidico. La correlazione positiva evidenziata nelle donne obese tra grado del danno al DNA e PCR era quindi a supporto dell’effetto dell’obesità e dell’infiammazione correlata all’obesità sul danno Al DNA. L’altro dato interessante era l’evidenza dell’associazione tra danno al DNA e la dieta, in particolare l’apporto calorico totale, acidi grassi saturi e vitamine antiossidanti. Tuttavia, dopo aggiustamento per età, BMI e apporto calorico totale, solo le vitamine antiossidanti mantenevano un’associazione con il danno al DNA. Tale dato, anche se fortemente atteso considerando il noto effetto protettivo sul danno ossidativo delle diete ricche in frutta e vegetali, come la dieta  mediterranea, sottolinea l’importanza dell’apporto adeguato di antiossidanti nella dieta negli individui obesi per prevenire il danno al DNA che, a sua volta, attraverso l’attivazione di fattori di trascrizione quali NF-kB e la sovraespressione di p53, può stimolare la differenziazione e l’ipertrofia adipocitaria ed attraverso l’infiammazione e l’obesità aumenta il rischio di patologie metaboliche e tumorigenesi correlate all’obesità. Gli Autori suggeriscono pertanto l’importanza della nutrigenomica come mezzo per indirizzare il trattamento nutrizionale degli individui obesi in maniera personalizzata in base al profilo genetico.


COMMENTO

Il Journal Club SIO ha già affrontato il tema dei risultati paradossali di alcuni studi che suggeriscono effetti benefici di sovrappeso e obesità sulla mortalità nella popolazione generale e sull’esito di diverse patologie acute e croniche (obesity paradox). Nonostante la potenziale complessità delle interazioni tra adiposità e singole patologie rimanga in larga misura da valutare e meriti di essere ulteriormente approfondita, evidenze recenti in rigorosi studi epidemiologici hanno chiarito come sovrappeso e obesità si associno a incremento della mortalità globale, anche indipendentemente da sesso e età (Lancet 2016; 388 776-786; + J Club SIO 2017). Lo studio qui presentato è stato pubblicato di recente su JAMA Cardiology e fornisce un ulteriore importante tassello mirato a chiarire l’impatto di sovrappeso e obesità su incidenza di patologie cardiovascolari e mortalità. Incorporando i dati di 10 grandi studi prospettici, l’analisi risulta epidemiologicamente e statisticamente accurata e rappresentativa. I risultati confermano con forza l’impatto negativo e crescente di diversi livelli di sovrappeso e obesità sull’incidenza di diverse patologie cardiovascolari, con particolare riguardo allo scompenso cardiaco, in entrambi i sessi e in tutte le fasce di età. Lo studio ha inoltre dimostrato un’insorgenza precoce delle patologie cardiovascolari in soggetti sovrappeso e obesi, che porta a un maggior numero di anni vissuti in presenza di patologia. L’insorgenza e la diagnosi precoci potrebbero anche ulteriormente spiegare la maggiore sopravvivenza DOPO la diagnosi stessa riportata in alcuni studi precedenti in pazienti con sovrappeso e obesità. La segnalazione di questo articolo vuole pertanto ribadire l’importanza della prevenzione e trattamento dell’obesità nell’approccio alle patologie cardiovascolari, indicando con forza il ruolo dell’obesità nella loro insorgenza e nel loro impatto negativo su stato di salute e sopravvivenza individuale.

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