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Aging, obesity, sarcopenia and the effect of diet and exercise intervention

Contributo: Lampignano

Aging, obesity, sarcopenia and the effect of diet and exercise intervention

In una interessante ed esauriente review narrativa di pubblicata lo scorso novembre, gli autori Georgia Colleluori e Dennis T. Villareal discutono le più recneti evidenze sulle alterazioni legate all’età nel tessuto adiposo e la salute del muscolo e sull’effetto della restrizione calorica e di diversi approcci di esercizio fisico negli anziani con obesità e sarcopenia, sottolineando le lacune esistenti nella letteratura scientifica.

La composizione corporea umana subisce notevoli modifiche con l’avanzare dell’età. Nello specifico, la massa muscolare e ossea diminuisce progressivamente a partire dalla terza decade di vita, mentre la massa grassa aumenta fino ai 70 anni e diminuisce successivamente. La riduzione della massa magra legata all’età è stimata in ~0,5-1,0% all’anno. La massa magra appendicolare e l’indice muscolare scheletrico (SMI, massa muscolare degli arti in kg divisa per il quadrato dell’altezza in metri) diminuiscono progressivamente con l’invecchiamento. La perdita di forza muscolare legata all’età è tre volte più veloce della perdita di massa muscolare, il che ha portato ad ampi sforzi per esplorare i meccanismi che sono alla base della diminuzione della qualità muscolare legata all’età. La qualità muscolare è stata definita come la forza muscolare relativa a una data quantità di massa muscolare in studi precedenti (si veda il consensus del 2019 dell’EWGSOP) con la forza muscolare valutata attraverso diversi metodi (ad esempio la forza di presa della mano valutata con un dinamometro). A livello cellulare e molecolare, l’interazione di una moltitudine di meccanismi sembra essere implicata nella riduzione della qualità muscolare con l’invecchiamento.

È importante notare che l’aumento della massa grassa e la diminuzione della massa magra che si verificano con l’invecchiamento possono essere sottovalutati a causa della ridistribuzione del grasso e dell’infiltrazione di lipidi nel muscolo scheletrico. Questo errore di calcolo si verifica spesso quando si valuta la composizione corporea attraverso la DXA o la bioimpedenza, che hanno limiti nel distinguere l’infiltrazione di grasso negli organi. In uno studio condotto su ~1800 adulti anziani (70-79 anni), infatti, è stata riportata una riduzione del grasso totale e della massa magra, così come del tessuto adiposo viscerale (VAT) e delle aree muscolari della coscia dopo cinque anni di follow-up, ma un aumento del tessuto adiposo intramuscolare (IMAT).

Uno studio longitudinale condotto su adulti di 70-79 anni ha dimostrato che la perdita di grasso del muscolo della coscia ha un forte effetto protettivo contro la mortalità negli uomini di peso stabile. Non è quindi sorprendente che i cambiamenti della composizione corporea legati all’età, come l’infiltrazione di grasso muscolare, siano strettamente associati alla fragilità e alla disabilità. Per questo motivo, la comprensione dei meccanismi responsabili della perdita muscolare e l’identificazione di strategie efficaci per contrastare tale perdita è estremamente urgente.

La ridistribuzione del grasso legata all’età a favore dei depositi VAT (rispetto al sottocutaneo) avviene indipendentemente dall’aumento di peso, un fenomeno che contribuisce fortemente ai rischi cardiometabolici. Mentre la ridistribuzione del grasso legata all’età è in parte attribuita a modificazioni del profilo ormonale sessuale, l’aumento della quantità di grasso relativo è dovuto a molteplici fattori. L’invecchiamento è infatti associato a una riduzione della massa magra che a sua volta porta a una significativa diminuzione del tasso metabolico a riposo, innescando un circolo vizioso responsabile della riduzione della massa muscolare e dell’aumento della massa grassa relativa. Questo fenomeno è attribuito in parte alle modifiche comportamentali tipicamente osservate negli adulti più anziani come ad esempio: ridotti livelli di attività fisica, minore consumo di proteine di alta qualità (per difficoltà nella masticazione), insieme ad una maggiore preferenza per cibi altamente palatabili, ricchi di zuccheri e grassi. Inoltre, i cambiamenti ormonali fisiologici che si verificano con l’invecchiamento, come la marcata diminuzione degli ormoni anabolici contribuiscono fortemente ai deleteri cambiamenti della composizione corporea.

Inoltre, gli adulti più anziani mostrano più lipolisi sistemica e ossidazione dei grassi assunti durante i pasti, ma meno stoccaggio di lipidi nel SAT rispetto agli adulti più giovani. L’incapacità del SAT di immagazzinare energia in eccesso si traduce nella deposizione di lipidi nel VAT e in altri depositi ectopici (ad esempio muscolo scheletrico, fegato, pancreas e cuore), il primum movens della lipotossicità. Gli adipociti all’interno di diversi depositi hanno una peculiare dimensione critica oltre la quale le cellule non possono espandersi ulteriormente, mostrano segni di stress e muoiono di piroptosi. Gli adipociti ipertrofici e stressati mostrano una deregolazione del flusso degli acidi grassi e un modello alterato di espressione delle adipochine e delle chemochine (ad esempio, un aumento di IL-6, TNF-α e resistina e una riduzione dell’adiponectina), che attirano le cellule immunitarie pro-infiammatorie e contribuiscono fortemente all’infiammazione e all’insulino-resistenza. I macrofagi pro-infiammatori e le cellule T che infiltrano il tessuto adiposo sono aumentati con l’invecchiamento e l’obesità e stabiliscono la tipica infiammazione cronica di basso grado osservata negli adulti anziani (inflammaging).

Oltre all’infiammazione, l’ipertrofia degli adipociti indotta dall’obesità è associata ad anomalie nel rimodellamento dei tessuti, cioè alla sovrapproduzione di componenti della matrice extracellulare, alla ridotta angiogenesi, alla fibrosi e all’ipossia, che compromettono profondamente il microambiente e la funzione dei tessuti. È stato rilevato che le donne anziane con obesità ma fisicamente attive mostrano una minore infiammazione nel SAT, minore espressione di marcatori di stress ossidativo e una ridotta infiltrazione di macrofagi proinfiammatori rispetto alle loro controparti sedentarie.

Contrariamente a quanto si pensava in precedenza, il declino della massa muscolare legato all’età non è dovuto a un aumento della degradazione delle proteine muscolari, ma a un’attenuazione della sintesi proteica muscolare (SPM) in risposta a stimoli anabolici (ad esempio, insulina, aminoacidi ed esercizio). D’altra parte, l’obesità è associata a una vasta gamma di alterazioni nella cinetica delle proteine muscolari scheletriche. Sebbene la SPM basale sia simile negli adulti con obesità e normopeso, un ridotto turnover proteico muscolare, la mancanza di sintesi proteica mitocondriale e una minore inibizione della proteolisi in risposta a stimoli anabolici sono stati descritti negli adulti con obesità rispetto alle loro controparti normopeso. Inoltre, è stato riportato che gli adulti con obesità sperimentano una diminuzione della SPM miofibrillare in risposta all’ingestione di cibo rispetto ai controlli. Tali anomalie non sono sorprendenti considerando le alterazioni legate all’obesità nell’utilizzo dei macronutrienti, in particolare la sensibilità all’insulina. Tuttavia, non tutti gli studi sulla cinetica delle proteine muscolari nell’obesità riportano risultati coerenti, probabilmente a causa del diverso disegno sperimentale (ad esempio, il tipo di stimolo anabolico utilizzato), i gruppi di confronto e le sottofrazioni muscolari studiate (mitocondri, muscolo misto, sarcoplasmatico o sintesi proteica miofibrillare).

La dimensione, il numero e il tipo relativo delle fibre e la capillarizzazione muscolare sono influenzati dall’invecchiamento. In particolare, la dimensione e il numero delle fibre sono ridotti negli adulti più anziani, che mostrano una maggiore prevalenza relativa di fibre di tipo I (a contrazione lenta) con una concomitante diminuzione del contenuto capillare. La capillarizzazione svolge la funzione cruciale di fornire ossigeno, nutrienti e ormoni regolatori al muscolo e la sua alterazione contribuisce non solo alla ridotta funzione muscolare, ma anche alla minore risposta della SPM agli stimoli anabolici.

I fenomeni sopra descritti determinano elevati stati di stress cellulare, motivo per cui meccanismi funzionali di controllo della qualità delle proteine e degli organelli, in grado di identificare, riparare o rimuovere le strutture danneggiate sono altamente necessari nel contesto dell’invecchiamento e dell’obesità. Tra questi processi ci sono l’autofagia e il sistema dell’ubiquitina proteasoma in cui la loro iper o ipoattivazione causa rispettivamente spreco muscolare e malfunzionamento cellulare. Per questo motivo, i geni che regolano tali vie sono stati chiamati atrogeni (atrophy related genes, ad esempio ATG6, MURF1, MAFbx). Allo stesso modo, la mitofagia e le dinamiche di fusione e fissione mitocondriale sono cruciali per consentire un’adeguata funzione mitocondriale e rispondere allo stress ossidativo. Uno studio che ha confrontato adulti normopeso e sovrappeso ha rivelato una maggiore espressione di geni legati all’autofagia a causa dell’elevata infiammazione e dello stress ossidativo tra gli ultimi. Inoltre, gli adulti anziani che si sono allenati per tutta la vita hanno mostrato un’espressione di atrogeni del muscolo scheletrico similmente più bassa rispetto agli adulti anziani sedentari, suggerendo non solo un aumento dello stress cellulare che si verifica con l’invecchiamento (che richiede una maggiore attivazione degli atrogeni), ma anche la sua attenuazione attraverso una regolare attività fisica. È importante notare che l’atrofia muscolare legata all’età è associata a un’elevata fissione mitocondriale che porta all’attivazione di vie proteolitiche. Tale fenomeno è accompagnato da un ridotto contenuto e funzione mitocondriale e da un aumentato stress ossidativo, caratteristiche tipiche degli adulti con obesità.

 

Interventi sullo stile di vita in adulti anziani con obesità

Nel contesto degli interventi sullo stile di vita possono essere impiegati diversi protocolli di esercizio o dietetici. Gli interventi riguardanti l’esercizio fisico possono includere:

  • allenamento di resistenza: esercizi che fanno lavorare i muscoli contro un peso o una forza (per esempio, estensione delle ginocchia, pressa su panca), consistente in 1-3 serie di 8-12 ripetizioni eseguite al 60-80% del massimo di 1 ripetizione per 2-3 giorni a settimana;
  • allenamento aerobico: per esempio corsa o ciclismo, consistente in 20-60 min/sessione eseguiti al 60-75% della frequenza cardiaca massima per 3-7 giorni a settimana;
  • allenamento dell’equilibrio: esercizi che enfatizzano le posture statiche e dinamiche (per esempio, camminare tallone a tallone, stare su un piede solo), consistente in 1-2 serie per 3-7 giorni a settimana.

Diversi tipi di esercizi possono essere eseguiti in combinazioni e intensità specifiche. E’ stato dimostrato che la combinazione di allenamento aerobico e di resistenza è la strategia più efficace nel migliorare lo stato funzionale degli adulti anziani con obesità mentre seguivano una dieta bilanciata (circa il 30% dell’energia come grassi, il 50% come carboidrati e il 20% come proteine o almeno ~ 1,0 g/kg di proteine al giorno) con restrizione energetica (deficit di 500-750 kcal al giorno), che porta a una perdita di peso di ~10% entro 6 mesi. L’intervento dietetico è combinato con strategie comportamentali come una definizione degli obiettivi e l’auto-monitoraggio. Altri protocolli dietetici (restrizione calorica intermittente, dieta mediterranea, dieta ad alto contenuto proteico…) possono essere adottati e sono attualmente in fase di studio.

Studi su composizione corporea ed esiti di fragilità

Nel 2011, Villareal et al., hanno dimostrato che la combinazione di perdita di peso indotta dalla dieta ed esercizio fisico regolare può essere l’intervento di stile di vita più efficace per gli adulti anziani con obesità. La dieta più l’esercizio fisico inducono una perdita di massa grassa, riducendo al minimo la riduzione della massa muscolare e ossea indotta dalla perdita di peso rispetto alla sola dieta o al solo esercizio fisico. Inoltre, tra gli interventi sullo stile di vita, la dieta più l’esercizio fisico hanno portato al maggior miglioramento della funzione fisica e alla riduzione della fragilità. In un altro studio controllato randomizzato condotto su 160 adulti anziani fragili con obesità (studio LITOE) è stato dimostrato che la combinazione di esercizio di resistenza e aerobico durante la perdita di peso indotta dalla dieta porta ad una maggiore conservazione della massa muscolare e ossea e al miglioramento della funzionalità fisica rispetto al solo esercizio aerobico o di resistenza. Inoltre, l’esercizio combinato aggiunto alla perdita di peso in questa popolazione di studio è risultato essere il più efficace nel migliorare il deposito di grasso ectopico, che si è tradotto in un’attenuazione delle complicazioni fisiche e metaboliche legate all’invecchiamento e all’obesità. Sulla base di queste evidenze, si raccomanda che la perdita di peso indotta dalla dieta sia sempre accompagnata da un allenamento di resistenza e aerobico negli adulti anziani fragili con obesità, una strategia di stile di vita che si traduce anche nel maggior miglioramento degli esiti di fragilità, della forza muscolare e della qualità della vita.

Studi sulla disfunzione del tessuto adiposo

La restrizione calorica dietetica e l’esercizio fisico causano la mobilitazione degli acidi grassi dai depositi adiposi ad altri tessuti che si traducono in profili di adipochine più sani. Sulla base di un recente studio condotto su 25 adulti anziani, 12 mesi di allenamento di resistenza hanno migliorato la forza e la massa muscolare, ma non hanno modificato il contenuto di VAT. Nel contesto degli interventi sullo stile di vita, la restrizione calorica è necessaria per consentire una significativa riduzione del VAT e per migliorare la salute cardiometabolica. Gli adulti anziani con obesità che hanno seguito 12 mesi di dieta ed esercizio fisico, o la sola dieta, riducono significativamente il VAT, l’infiammazione sistemica, la pressione sanguigna e migliorano la sensibilità all’insulina e il profilo lipidico rispetto ai controlli e agli adulti che eseguono solo esercizio fisico. L’esercizio fisico di per sé induce solitamente solo una modesta (~2 kg) perdita di peso; infatti, il volume di esercizio necessario per ottenere una significativa riduzione di peso equivalente a quella ottenuta con la dieta è notevole. È interessante notare che uno studio condotto su individui sani e sedentari che perdevano circa il 10% del peso con l’esercizio fisico o la restrizione calorica ha dimostrato che la perdita di peso indotta dall’esercizio fisico comportava una maggiore riduzione del VAT e dell’IMAT rispetto a quella ottenuta con la restrizione calorica, suggerendo che l’attività fisica può determinare una distribuzione del grasso più sana. Inoltre, mentre i miglioramenti della sensibilità all’insulina erano correlati con la riduzione del VAT nel gruppo a dieta, erano correlati con la perdita di IMAT nel gruppo che faceva esercizio. La secrezione di miochine dal muscolo in esercizio è tra i potenziali mediatori dei cambiamenti indotti dall’esercizio nella composizione corporea. Un recente RCT condotto in adulti con obesità ha dimostrato che la riduzione del VAT indotta dall’esercizio è mediata dal rilascio di IL-6 dal muscolo scheletrico . Quattro mesi di esercizio fisico hanno ridotto il contenuto relativo di cellule immunitarie e caratteristiche infiammatorie nel SAT di donne anziane non obese. Lo stesso studio ha rivelato una riduzione dell’espressione di HIF1α e SOD marcatori rispettivamente di ipossia e stress ossidativo, suggerendo un miglioramento complessivo della funzione del tessuto adiposo indotto dall’esercizio. Inoltre, in base alla valutazione effettuata su espianti di SAT, le donne allenate avevano una ridotta secrezione adipocitaria di citochine infiammatorie come TNF-α e IL-8, ma non IL-6, e hanno mostrato un grado inferiore di infiammazione sistemica. Inoltre, la perdita di peso è associata a una ridotta infiltrazione di cellule infiammatorie nel SAT di adulti con obesità. Questi risultati sono coerenti con un altro studio su uomini e donne con obesità morbigena che hanno seguito un protocollo che combinava restrizione calorica ad esercizio aerobico di moderata intensità per 15 settimane. Gli autori hanno riportato una riduzione significativa dell’infiammazione sistemica e del SAT (infiltrazione di macrofagi, espressione e rilascio di citochine) che era correlata all’aumento della produzione di adiponectina e al miglioramento della sensibilità insulinica. È interessante notare che, sulla base dei risultati ottenuti dalle biopsie del vasto laterale, il muscolo scheletrico non sembrava contribuire significativamente allo stato infiammatorio sistemico, che era determinato principalmente dal tessuto adiposo. Un recente RCT condotto in donne con obesità ha dimostrato che 12 settimane di allenamento aerobico più resistenza hanno portato a un significativo aumento SAT della respirazione mitocondriale e alla riduzione del contenuto di H2O2 (marker di stress ossidativo) rispetto ai controlli. D’altra parte, l’ipertrofia degli adipociti che si verifica con l’invecchiamento è stata contrastata con la restrizione calorica sulla base di recenti prove precliniche che hanno mostrato un allargamento attenuato degli adipociti e un minore declino del tessuto adiposo bruno, una scoperta che richiede una validazione negli esseri umani.

Studi sulla disfunzione muscolare

Gli effetti indipendenti della dieta e dell’esercizio fisico su MPS in adulti anziani con obesità sono stati ampiamente studiati. Durante la perdita di peso acuta, la risposta MPS agli stimoli anabolici è maggiore che durante il mantenimento del peso, mentre l’esercizio fisico aumenta MPS sia durante lo stato basale che di alimentazione. Uno studio condotto dal gruppo di Villareal in un campione di 47 partecipanti al trial LITOE ha dimostrato che la risposta SPM a stimoli anabolici (pasto misto), che è compromessa con l’invecchiamento, migliora maggiormente quando viene inclusa una componente di esercizio di resistenza durante la perdita di peso indotta dalla dieta. Allo stesso modo, sulla base dello stesso studio, l’esercizio di resistenza era necessario per preservare l’espressione dei regolatori della rigenerazione muscolare (MEF2A), dati coerenti con la maggiore conservazione della massa muscolare riportata tra gli individui che eseguono esercizi di resistenza ed aerobici o esercizio di resistenza da solo. Coerentemente con questi risultati, Snijders e colleghi hanno riportato che 12 settimane di esercizio di resistenza combinato con l’esercizio aerobico (allenamento a intervalli ad alta intensità) hanno aumentato significativamente il contenuto di cellule satellite delle fibre muscolari di tipo I e II negli adulti più anziani. L’aumento delle cellule satellite delle fibre di tipo II nella popolazione in studio era associato a un aumento della capillarizzazione muscolare.

L’esercizio fisico, ma non la dieta, diminuisce l’infiammazione del muscolo scheletrico negli adulti anziani fragili con obesità. Nello specifico, la combinazione di esercizio aerobico e di resistenza durante la perdita di peso ha portato a una riduzione dell’espressione degli atrogeni LAMP2, così come dei marcatori di stress mitocondriale (FIS1, PARL, OPA1) e infiammatorio (TLR2, CD68) nel muscolo vasto laterale, riflettendo un’attenuazione dello stress miocellulare dovuto all’intervento. D’altra parte, un recente studio condotto su adulti anziani non in condizione di obesità che hanno seguito 12 mesi di esercizio di resistenza (senza restrizione calorica), ha riportato miglioramenti nella forza e nella massa muscolare senza alterazioni nell’infiammazione del vasto laterale, suggerendo che l’allenamento senza perdita di peso in soggetti normopeso può avere un effetto diverso sulla salute muscolare. Sebbene sia stato dimostrato che l’esercizio aerobico attenua il declino della capacità respiratoria mitocondriale sperimentato con l’avanzare dell’età, è possibile che un’elevata attivazione della rete ossidativa nel contesto di perdita di peso, invecchiamento e sarcopenia comporti una riduzione della massa muscolare a causa di una maggiore stimolazione catabolica. I dati descritti forniscono una spiegazione meccanicistica per i cambiamenti positivi osservati nella composizione corporea e negli esiti di fragilità nello studio LITOE – i partecipanti che eseguono la combinazione di esercizio aerobico e di resistenza hanno conservato la maggior parte della massa muscolare e hanno sperimentato il maggior aumento della funzione fisica e della forza muscolare. Tale risultato è coerente con i risultati del percorso LIFE-P condotto su oltre 300 anziani sottoposti a un intervento di esercizio. Di conseguenza, è possibile che il declino funzionale nella giunzione neuromuscolare che si verifica con l’invecchiamento può essere prevenuto con un esercizio regolare praticato per tutta la vita.

In sintesi, la combinazione di esercizio (aerobico e di resistenza) e di perdita di peso indotta dalla dieta migliora significativamente la funzione fisica e migliora la fragilità negli adulti anziani con obesità. Tra gli interventi sullo stile di vita, questo può essere il più efficace nel migliorare la qualità miocellulare e la risposta della sintesi proteica muscolare agli stimoli anabolici, preservando così la massa muscolare durante la restrizione calorica della dieta. Tale intervento sullo stile di vita può quindi essere considerato una strategia efficace per mitigare le complicazioni metaboliche e fisiche legate all’invecchiamento e all’obesità, con l’obiettivo finale di mantenere l’indipendenza funzionale e la qualità della vita degli anziani con obesità. Pertanto, gli operatori sanitari dovrebbero prendere in considerazione la prescrizione di esercizi sia di resistenza che aerobici per contrastare l’obesità sarcopenica, una delle principali sfide sanitarie di questo secolo che colpisce una percentuale crescente di adulti anziani.

Riferimento bibliografico

Colleluori G, Villareal DT. Aging, obesity, sarcopenia and the effect of diet and exercise intervention. Exp Gerontol. 2021;155:111561. doi:10.1016/j.exger.2021.111561

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